Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ²


Taemin PoV

«Anche oggi ti sei fatto buttare fuori, eh? Quando inizierai a svegliarti prima e prendere quel cazzo di autobus?» le parole di Key erano sempre così.
Il suo aspetto ben curato ed alla moda, da farlo sembrare quasi un figlio di papà, mascherava ciò che era davvero.

Molti pensavano che Key fosse uno facile o indifeso, ma in realtà, Kim Kibum, conosciuto più come Key, era un vero e proprio osso duro dal linguaggio “scivoloso”. Magari davanti ai professori si mostrava perfetto, ma con noi lasciava scoperto il suo vero volto.

Eravamo seduti sul terrazzo della scuola, il sacchetto dei panini che aveva portato quel giorno semivuoto ed eravamo seduti per terra, guardando il cielo senza nuvole che scorreva sopra le nostre teste.

«Sai che spesso c'è quel autista stupido... Non posso svegliarmi mica le quattro, dato che è l'ora in cui vado a dormire.»

«Allora cambia lavoro o turno. Non puoi continuare così, Minnie.» disse lui, spostando i suoi occhi castani sul mio viso.

Key ed io eravamo amici da quando misi piede in quella scuola. Inizialmente anche io avevo avuto l'impressione che fosse un figlio di papà, ma non potevo dimenticare come sia corso in mio aiuto, quando i ragazzi più grandi della scuola avevano iniziato a prendermi di mira ed a schernirmi in bagno.

Li aveva presi a pugni e, uno di loro, era anche finito con la testa nel cesso, ma non ricordavo come.

Lentamente iniziò ad avvicinarsi a me e divenne il mio primo amico in classe, diventando pian piano il mio migliore amico.

«E tu sai che non posso farlo. Ho ancora tanto da pagare e mi sta bene così. Sai quante persone e quante cose si imparano in quei posti?»

«Per esempio fare qualche droga?» mi zittii con quelle parole, sospirando e scuotendo la testa.

«Spesso mi chiedo se...»

«...Se sei sua madre o suo amico. » ci voltamo entrambi verso quella voce, sollevando i nostri viso verso la figura che si era posta accanto a Key, che non aveva perso tempo a posare un bicchiere di Caffè sulla sua testa, facendolo allontanare per il calore che questo emanava.

«CHOI MINHO! LA VUOI SMETTERE DI CONTINUARE CON QUESTI GIOCHETTI?» disse lontano da noi e guardando la figura del nuovo arrivato che era scoppiato in una fragorosa risata. Nemmeno io riuscì a trattenermi da quella risata contagiosa e mi unii a lui, guardando Key che mormorava qualcosa a bassa voce verso di lui, sistemandosi i capelli a debita distanza.

Minho Choi, un'altro de miei migliori amici acquisiti in quegli anni.
Era anche lui figlio di una famiglia molto importante, ma diversamente da Kibum, era sempre educato e calmo. In tutti questi anni non l'ho mai visto perdere la calma, aveva un autocontrollo unico.

Si sedette accanto a me, posando le bevande che aveva portato e facendo cenno a Kibum di avvicinarsi nuovamente a noi.

«Di cosa stavate parlando, tanto da far uscire il lato materno di Key?»

«Sta zitto, se non vuoi vedere dove te lo metto quel “materno”.»

«Calmo, mamma, volevo solo prendere parte alla conversazione.» Minho allungò il bicchiere di caffè a Kibum che lo prese, mormorando qualcosa seguito da un "grazie" sussurrato, prima di portare il bicchiere alle labbra e sorseggiare il caffè.

«Niente... Il solito, Minho. Che dovrei cambiare lavoro, non arrivare in ritardo il lunedì, svegliarmi prima...» dissi prendendo anche io il bicchiere che lui mi offrí.
Sapeva bene i nostri gusti e, se i primi due stravedevano per il caffè, io andavo matto per la cioccolata, che sia calda o fredda.

«Ti ho fatto anche mettere la panna. So che ti piace di più.» aggiunse, prima che potessi gustare la mia cioccolata. Ciò mi fece sorridere.
La panna era spesso un privilegio o mai introvabile in quelle ore, dato che la signora della caffetteria ne prendeva sempre poca e finiva sempre.
Lo ringraziai con un sorriso, iniziando ad immergermi nel sacro momento delle bevute insieme a Kibum, rimasto in silenzio a gustare il suo caffè.

«Comunque, tornando alla vostra conversazione, Kibum ha ragione. Dovresti cambiare lavoro.»

Ecco. Anche lui a dire la sua.

Loro non potevano capire la mia situazione, anche se dicevano molte volte che mi comprendevano, ma non era così.

Non dissi nulla, inizialmente, godendomi quel dolce liquido, ma lo sguardo insistente di Minho nel sapere una risposta, mi portò ad allontanare il mio bicchiere e posarlo sul pavimento al mio fianco, Key che ci osservava senza staccarsi dalla sua fonte del mattino.

«Ve l'ho detto un sacco di volte che non è facile. Ma farò del mio meglio per arrivare puntuale a scuol-...»

«Non si tratta solo di essere puntuali, Taemin. Dovresti fare un lavoro sicuro e che non ti metta in cattiva luce. Il posto dove lavori è abbastanza... Losco, ecco.»

«Lasciamo stare la buona e cattiva luce, ma lì potresti davvero finire male... Alcuni dicono ci siano i trafficanti in quel posto.» Key prese la parola, dopo aver ascoltato ciò che disse Minho.

«Ha ragione. Perché non pensi a quello che ti dissi?» domandò nuovamente Minho, rivolgendomi quello sguardo carico di domande.

Presi un profondo respiro e scossi la testa. Era inutile spiegargli che, la sua gentilezza, non potevo accettarla?

«Minho, quello non è un lavoro che fa per me. Mi ci vedresti seduto dietro ad una scrivania a sistemare fogli e controllare scartoffie per qualche altro dipendente della società di tuo padre?»

Lui continuò a guardarmi, tenendo in mano il suo bicchiere e non proferendo parola. Sapeva che sarei rimasto ancora sulla mia base ed era sempre stato impossibile smuovermi. Guadagnavo bene nel locale e mi permetteva di coprire un po' quel debito e di vivere nel mio piccolo appartamento.
Mi bastava così.

«Non insisto di nuovo. Ma è meglio se tieni sempre a mente ciò che ti diciamo. I guai sono sempre dietro gli angoli.» furono le sue ultime parole, facendo ridere appena Key. Lo diceva sempre, ma non era mai l'ultimo "non insisto più".

Terminata la nostra piccola pausa, ci apprestammo a tornare in aula, scendendo le scale per dirigerci al primo piano.
Key e Minho erano davanti a me, parlando tra di loro sulle varie lezioni che avrebbero avuto, più che altro Key si stava lamentando con Minho e lui lo ascoltava, come sempre.

La mia scuola non era così nascosta. Era infatti uno degli istituti che accoglievano ragazzi come Minho e Key insieme ai "comuni mortali" come vedevo me ed il resto degli studenti presenti in quel edificio.

Feci il penultimo gradino di scale, mentre i miei due amici proseguivano verso il corridoio, ma qualcosa andò storto.
Non so come, ma mancaii quel pezzo di scala ed inciampaii, portando in automatico le mani in avanti e chiudendo gli occhi, pronto all'impatto con il pavimento, ma... non toccaii terra.

Sentii un braccio afferrarmi alla vita e tirarmi su, reggendomi, ritrovandomi con il viso premuto ad un petto.
Riaprii gli occhi, notando di essere ancora in piedi e posando lo sguardo su Minho e Key che si erano fermati non molto distanti da me, tornando verso la mia direzione, preoccupati.

In modo lento, quasi il tempo si fosse fermato, almeno da come percepivo, voltaii il viso verso “il mio salvatore”, notando ben poco il suo viso, illuminato dalla luce del sole che filtrava dalle finestre. Ma sentii qualcosa, o almeno, percepii qualcosa: quello sguardo leggermente rosso per poi tornare normali.

«Stai bene?» e la sua voce. Una voce che mi sembrava di aver già sentito... Ma di cui non ho il ricordo di quel volto.

Fu anche in quel momento che risentì stranamente, nella mia mente, le parole di Minho.

     „I guai sono sempre dietro gli angoli.”

Forse lo stavo guardando un po' troppo, perché mi ritrovai a lasciare un piccolo grido di stupore, quando mi spinse addosso a Key che mi prese prontamente, guardando quel ragazzo che si affrettò ad andarsene, dandoci le spalle e camminando lungo il corridoio.

Riuscì a vedere i suoi vestiti e non sembrava uno della scuola, non aveva la divisa. Erano neri e con una lunga giacca a vento anch'essa nera, i capelli castani e leggermente arruffati.

Chi era costui?

« Ah! Questi maledetti maleducati! Taemin, stai bene? » mi domandò lui, con Minho al suo fianco che tenne lo sguardo sulla figura che si era ormai dileguata.

Annuii, rimanendo un altro po' lì e continuando a sentire le parole di Minho, ogni volta che ripensavo a quella voce.

     „I guai sono sempre dietro gli angoli.

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